ALPE POZZOLO

ALPE POZZOLO

Pozzolino, non mi sembra vero!
Una gita rimandata più volte in quest’ultimo mese; l’influenza, il brutto tempo, la mia piccola e altro ancora mi hanno costretto a rimandare sempre la partenza.
Fino all’ultimo la partenza è rimasta in bilico; le previsioni non erano delle migliori, ma poi dopo una consultazione rapida con i partecipanti la decisione è presa: “domani si parte anche se piove:” In effetti le previsioni non hanno sbagliato e cosi ci siamo ritrovati oggi in compagnia delle nuvole.
Questa atmosfera però sembra magica; tutto è immobile, le nuvole formano una cappa uniforme e plumbea che taglia di netto tutte le cime circostanti come il taglio di una falce.
Non ha mai piovuto oggi e cosi ce la siamo presa veramente con calma a salire.
Ho voluto immagazzinare tutte le immagini, i colori e i profumi che solo una giornata di fine ottobre può regalare.
Raccogliamo qualche castagna per stasera e facciamo mille foto, nella speranza vana di portarci a casa un pezzo di Valgrande.
Il rifugio appare avvolto nella nebbia, solo come sempre, esattamente come me.
Non so cosa cerchiamo esattamente, ma penso che ognuno di noi, in questo ambiente surreale, cerchi un po’ se stesso. Forse proprio per restare soli che siamo partiti con un tempo non certo dei migliori. Cosi l’atmosfera è veramente magica.
Lentamente sistemiamo tutta la nostra roba, preparo un tè caldo per i nostri stomaci gelati.
Nel frattempo accendo la stufa che dopo un po’ di fumera, inizia a fare il suo dovere.
Preparo più legna possibile, che basti per tutta la sera, poi dopo aver caricato a dovere la “fornace”, andiamo a fare un giretto su all’Alpe, ma con immensa calma.
Il silenzio domina assoluto, nessuno di noi parla. Ascoltiamo e basta. Ormai l’alpe è stato scaricato, l’Anna si è ritirata giù a Beura.
Giriamo con calma fra le piante di lamponi e mirtilli ormai bruciate dal gelo e dalla prima neve. Ammiriamo e scrutiamo con attenzione tutto quanto; il giallo domina su tutti gli altri colori. Sembra che tutta la natura si stia preparando per il lungo letargo.
A Cortevecchia qualcuno sta lavorando alla costruzione di una baita.
Torniamo quasi a malincuore al rifugio. Dietro di me, il canto di un Forcello rompe il silenzio.
Ultima carettata di legna poi ci chiudiamo al caldo.
Sta per diventare buio quando arrivano gli operai da Cortevecchia. Sono tre. “Visi” conosciuti in altre occasioni. Preparano freneticamente la cena; credo che siano molto stanchi.
Il loro dialetto è molto stretto e diverso dal nostro, fatico a capirli.
Si fermano a lavorare per cinque giorni. Un po’ le invidio, e mi fanno tornare indietro con la mente a quest’estate, quando ho passato diversi giorni su a Brusà a lavorare.
Sono momenti belli che non si dimenticano; la fatica ti è compagna, ma ti senti libero come il vento, e questa è una sensazione che non puoi provare mai nella vita quotidiana.
Ceniamo insieme, anche se ognuno mangia la propria roba. Solo il vino si mischia; gli assaggi si sprecano.
Solo io ho un litro e mezzo di vino.
Ero partito solo con il mezzo, ma poi durante il pomeriggio mi son deciso di dissotterrare la bottiglia che giaceva ormai da cinque lunghi anni sotto terra vicino alla legnaia. Con mio grande stupore, il nettare è ancora buono, direi ottimo.
Ci raccontiamo su un po’ di storie sulla valle, ma soprattutto sulla zona di Pozzolo. I tre sono veterani del posto e conoscono ogni particolare di questa zona.
Gli altri del gruppo chiacchierano e scherzano, hanno la pace in viso. Quassu i problemi non arrivano e la natura ti invade dentro con tutta la sua dolcezza.
Si va a letto presto. Finalmente questa notte dormo. A casa, la mia piccola “puzzetta” si sveglierà come al solito almeno due o tre volte.
Al mattino mi sveglia la luce dell’alba che attraversa la finestra della camerata.
I boscaioli si sono alzati presto e sono già partiti per il loro dovere.
Mi alzo e accendo la stufa mentre gli altri dormono ancora.
Esco per una pisciatina e come sempre mi succede qui, rimango colpito dalla bellezza delle cime che mi circondano, illuminate dai primi raggi di chiarore. Di fronte tutte le montagne sono dipinte di rosa, mentre in alto nel cielo le ultime stelle sembrano salutare la notte. Lo spettacolo è magnifico, vorrei non finisse mai.
Preparo un po’ di tè, poi inizio a ripulire il rifugio e le stoviglie.
Piano piano anche gli altri rotolano giù dai letti.
Una bella colazione calda ristora l’animo di tutti noi.
Poi con calma prepariamo gli zaini nel silenzio più assoluto. Dobbiamo ripartire e un po’ di malinconia ci assale.
Vorrei portare via un pezzo di questo mondo, ma posso solo immagazzinare dentro di me più immagini possibile.
I passi si muovono e prima che la sella erbosa salti giù a capofitto nella fitta faggeta, ci giriamo per un ultimo saluto al rifugio. Scattiamo un po’ di foto, poi dopo un lungo sospiro e un po’ di malinconia scendiamo verso il grigio.
A presto.