Ho organizzato una splendida gita su Curgei, un itinerario breve ma molto gratificante, sia per il panorama splendido, sia per la natura selvaggia che ti circonda.
Il rifugio a Curgei è molto carino e ha tutto l’essenziale che serve, ma essendo a solo un’ora dalla macchina è molto gettonato. Proprio per questo la scelta dei due giorni cade sulla domenica e lunedì, in modo di avere più probabilità di essere da soli alla sera.
Purtroppo domenica mattina, quando mi alzo, mi rendo conto che la giornata è si splendida, ma spazzata da un vento fortissimo e freddo. Temo che sulle creste sarà dura.
Ma la montagna è bella anche per questo e va vissuta sotto ogni aspetto, sempre nei limiti della sicurezza.
Il traghetto balla in un modo incredibile; le onde sono come quelle del mare in tempesta. Le montagne bianche di neve di fronte a noi si stagliano contro il cielo blu di un freddo mattino.
Con la macchina riusciamo ad arrivare quasi alla cappella Fina. Non è facile mettersi scarponi e ghette con questo vento che ti taglia la faccia. Altre persone intorno a noi, ancora chiuse in macchina meditando sul da farsi o solo per prendere coraggio e tuffarsi nel gelo.
Io e il mio gruppo, zaino in spalla, partiamo come nulla fosse e ci inerpichiamo seguendo tracce vecchie sulla neve, che in poco ci portano alla cappella.
Il cammino prosegue ora spinti, ora frenati dal forte vento. Non si capisce da che parte arriva, non dà pace.
Giunti a metà costa del Pizzo Pernice ci fermiamo ad ammirare con stupore e con timore le forti folate di vento che scendendo velocemente per la costa, portano con se una gran quantità di neve raccolta nella loro folle corsa, formando delle vere e proprie tempeste di neve. Uno scenario fantastico. Ci avviciniamo con un po’ di timore alla zona spazzata dalla forza della natura.
Abbiamo notato che si concentrano per un tratto di circa 200 metri. Per fortuna ora siamo un po’ al riparo e da qui possiamo studiare la situazione. Le nuvole di neve passano veloci a cadenze quasi ritmate. Ci prepariamo e appena sembra calmare un attimo, ci buttiamo di corsa sul sentiero che taglia il ripido pendio, ma fatti pochi passi, le urla del vento ci danno il benvenuto e ci avvisano che sta arrivando la prima raffica. “Giù” grido ai ragazzi che procedono dietro di me; ci accucciamo giù in ginocchio e subito veniamo investiti con violenza dalla prima nuvola di neve; il vento è talmente forte che riusciamo a malapena a restare con i piedi per terra.
Le urla del vento e la sua potenza ci fa capire quanto siamo piccoli di fronte alla natura. Appena passa la prima ondata, ci rialziamo in piedi e procediamo quasi a naso per il sentiero scomparso sulla neve riportata. Altre due raffiche ci investono, poi finalmente ci tuffiamo al riparo del bosco. Qui il vento è meno impetuoso. Arriviamo poco sotto la sella e ci fermiamo un attimo. Sappiamo benissimo il vento sta spazzando la cresta che ora dobbiamo scavalcare, ma purtroppo è proprio di li che dobbiamo passare. Eccoci infatti investiti da forti raffiche di vento, quasi continue che ci rendono il cammino difficoltoso. Non abbiamo tempo di guardare il maestoso panorama intorno a noi; il passo non è veloce, ma è il più spedito che la situazione ci consente. Finalmente la faggeta ci abbraccia di nuovo e poco dopo arriviamo all’alpeggio. Entriamo dentro il rifugio e finalmente con lui un po’ di pace. Le orecchie mi fischiano ancora. Subito mi do da fare con la stufa per riscaldare l’ambiente, ma presto ci accorgiamo che non sarà uno scherzetto da niente; il vento non permette al fumo di uscire dal tubo, ma anzi lo ricaccia indietro fino a farlo uscire con forza dalla stufa. La baita si riempe talmente tanto di fumo, che siamo costretti a rimanere accucciati per terra. Neanche dopo mezz’ora la stufa non sembra “tirare”, a tal punto che il tubo all’uscita dalla stufa è ancora ghiacciato. Provo a toglierlo e non un filo di fumo esce da li. Pazzesco! Se delinea la possibilità di dover rientrare prima di sera. Cosi è impossibile. Dopo ben due ore di peripezie, il tubo comincia a scaldarsi, e finalmente il fumo viene aspirato verso l’esterno, ma con fatica. Ora possiamo chiudere porte e finestre. L’ambiente piano piano si riscalda. Ci sistemiamo e finalmente usciamo fuori per ammirare il paesaggio. Fantastico come solo una giornata di vento ti sa regalare. La sera arriva presto e con lei il rito della cenetta. Polenta e brasato. Le bottiglie cantano, e poco dopo anche qualcuno di noi. Poi finalmente in branda.
Al mattino, come al solito mi alzo prima io, praticamente all’alba. Esco subito fuori per fare un bisognino e con gioia mi accorgo che il vento è completamente cessato lasciando un cielo limpido come mai. La giornata è meravigliosa. Resto imbambolato ad ammirare la Val Pogallo e le montagne che la circondano, scrutando ogni piega, ogni alpeggio. I primi raggi di sole che mi arrivano dalle spalle vanno ad infrangersi sulle mie montagne la di fronte. Che spettacolo. Rientro e do una trussata al gruppo ancora mezzo addormentato, al calduccio dei loro sacco a peli; non possono perdersi questo regalo della natura. Rimaniamo un po’ insieme li di fuori a sognare. I pensieri volano su quelle cime la di fronte e vivono avventure passate e future. Tutto è tranquillo, fermo, senza tempo. Dentro di me la calma più intensa. Mi sento bene. Non riesco a pensare a niente, solo a quel che vedo. Grazie mio Signore per tutto questo, grazie di esistere, grazie per avermi fatto esistere.
Gli zaini sono già pronti e calano sulle nostre spalle. Arrivati alla sella, dove ieri il vento ci frustava con la sua potenza, il sole ci abbraccia e ci culla fra i suoi caldi raggi. Decidiamo di salire al Pizzo Pernice. Mettiamo le ciaspole. Ci impieghiamo circa 15 minuti, poi sulla cima. Non ho parole. Il panorama a 360° ti lascia senza fiato. Vorrei stare qui per sempre. Proseguiamo seguendo la lunghissima cresta innevata. Ci sembra di toccare il cielo. Camminiamo lentamente per ammirare il paesaggio o forse per far durare il più possibile questi magici momenti. Ad un certo punto, a malincuore, dobbiamo lasciare la cresta e piegare a sinistra giù per un ripido pendio che si inoltra in un fittissimo bosco di abete bianco. Il profumo inteso di resina entra con prepotenza dentro di noi e ci ricorda che la primavera è ormai vicina. Il sentiero diventa ora meno ripido e in poco più di mezz’ora ci riporta alla cappella Fina e poi alla macchina. Due giorni fantastici con un gruppo veramente unito e all’altezza in un ambiente a dir poco magico. Grazie ancora, a presto.