Il fuoco scoppietta e fuori il buio sta avvolgendo tutto. Sono solo le 17.15 ma ormai le giornate sono cortissime. Forse proprio per sfruttare tutte le ore di luce ci ritroviamo sulla scalinata iniziale che è ancora quasi buio. Incontriamo l’Anna e chiacchierando ci teniamo compagnia fino alla cappelletta che domina Beura. Poi le strade si dividono: lei verso Vaccareccia, noi per Bissoggio.
Oggi con il mio gruppo voglio provare ad andare al rifugio Pozzolo passando da Nancino, un itinerario del tutto nuovo per me. Non ci sono problemi fino a Solia ma già qui perdo 20 minuti a trovare il sentiero che sale a Flacera. Trovato è facile e scorrevole fino all’Alpe: tre baite in fila e una più a sinistra, perse nella boscaglia più profonda. Su una pietra è incisa una data: 1913. Storie passate. Dietro le baite ho visto la traccia che sale a Ruscà; la ignoro e vado oltre. Attraversato il ruscello sulla prima curva a sinistra, prendo una traccia che sale ripidissima per almeno 100 metri di dislivello. Non sono sicuro che sia giusto, ma poi tracce di falcetto sugli alberi mi portano fino a Nancino. Lo immaginavo più bello, ma mi accontento. Ci fermiamo per riposarci e fare uno spuntino. Il tempo è bello ma tira vento. Si riparte ma il sentiero sparisce immediatamente. Nessuna traccia. La cartina mi dice senza dubbi che devo salire perpendicolarmente senza deviazioni. La salita è ripidissima, faticosa e invasa da vegetazione bassa che si impiglia ovunque. So benissimo che la scala di Pozzolo si trova sopra di me 500 metri di dislivello. Senza una curva, sempre dritto, sempre ripido, massacrante! Ma forse è anche questo che cerchiamo. Finalmente la vegetazione scompare; il mio altimetro infatti mi dice che sono a 1600 metri. Dopo altri 15 minuti finalmente arrivo sulla cresta, una piccola sella prima dell’ultimo strappo. C’è una baita, visitiamola. Chissà se fa ancora parte di Nancino che si trova molto più sotto. Riparto, ancora salita ripida e dritta. Si intravede già l’angusto passaggio della scala di Pozzolo, ma è ancora molto lontana. Quando finalmente ci arriviamo ci stendiamo sull’erba secca per tirare fiato, ma ancor di più per ammirare il panorama fantastico e per assaporare i caldi raggi del sole. Sono già le 14.00. Un po’ di foto, poi giù verso Pozzolino ma con cautela: è facile scivolare sulla spolverata di neve farinosa. Attraversiamo gli ultimi Larici gialli disposti nella pietraia come anime perse. Poi finalmente il rifugio bianco come la neve. Un vero paradiso. In totale ci abbiamo messo 7 ore, crampi alle gambe compresi. Se si conosce la strada penso che si possa fare anche in meno. Ora siamo qui, stanchi e distrutti ma contenti di aver visto posti fantastici attraversando boschi infiniti e sguardi su valli incantate. Mentre tutti stanno ancora sognando a occhi aperti, io preparo sulla stufa che ormai borbotta e fa il suo dovere, la polenta con i bruscit. Insieme con un buon bicchiere di vino, ci faranno dimenticare le fatiche appena trascorse, ma non certo le immagini e i colori che ci porteremo a casa con noi. Certo che se la ventola del camino smettesse di far rumore sarebbe meglio.
Ciao e a presto.
Luca Martino.