Il Parco Nazionale della Val Grande, l’area Wilderness più estesa delle Alpi.
Ho iniziato ad “esplorare” la Val Grande negli anni 80 insieme a due amici inseparabili, spinti da una voglia di scoperte senza confini.
La Val Grande era il nostro parco avventura, e di avventura si trattava veramente. Abbandonata negli anni 40/50 la natura aveva ripreso il sopravvento e i sentieri erano praticamente scomparsi. Si viaggiava con cartine approssimative, per lo più a naso. Internet era ancora lontano, idem GPS e quantomeno cellulari con le varie tracce. Noi poveri avventurieri ci inoltravamo in questo mondo perduto, solcando profonde forre, immersi nella “giungla” più fitta, o percorrendo le alte creste sulle cime più lontane . Perdersi era la normalità. Ogni errore significava ore di fatica in più per ritornare sui propri passi o per correggere il cammino. Ai tempi non vi erano i vari rifugi che ci sono oggi. Esisteva solo un bivacco in lamiera al centro della Val Grande, a In La Piana. Di proprietà della forestale, era stato lasciato a quei pochi escursionisti, che entravano in valle. Piccolo, sporco e pieno di ghiri e topi, che quando dormivi ti passavano sulla faccia. Ma per me era il paradiso. Ci tornavo tutte le volte che potevo, anche da solo. Per arrivarci, dal sentiero più corto, almeno 5 ore. Ma che bello, e quante serate, fuori davanti ad un falò acceso a chiacchierare con gli amici sotto un cielo stellato che toglie il fiato. Poi nei posti più remoti, magari portandoci una pesante tendina. Scatoletta di tonno, wrustel e via su e giù per i canaloni più impervi che a ripensarci oggi mettono i brividi. Non si incontrava mai nessuno. Le poche persone che “entravano” in valle, non erano escursionisti, ma pescatori o cacciatori delle valli circostanti, che tornavano più per nostalgia dei tempi passati che per la selvaggina.
Sono passati molti anni, nel frattempo la Val Grande è diventata prima Parco Naturale, poi Nazionale. Sono comparsi diversi rifugi e rimessi a posto i sentieri principali, la cartellonistica. Insomma è stata addomesticata. Ma nonostante tutto questo la Val Grande, la “Valgranda” come la chiamano ancora i vecchi, mantiene intatto tutto il suo fascino, la sua bellezza. La Val Grande è selvaggia, e questo basta per descriverla. Vi sono zone ancora, oserei dire, incontaminate dove la Wilderness esiste ancora.
Non ho mai smesso di “entrare”, ma anzi l’ho girata in lungo e largo, spesso solo, avventurandomi anche nelle zone più remote, dove nessuno o pochi si azzardano.
Ormai mi posso ritenere un esperto del posto, e accompagno clienti ovunque vogliono andare. Dalle camminate più semplici, adatte a tutti, di uno o più giorni, a quelle per pochi, come il sentiero Bove, o l’attraversata da Ponte Casletto a Trontano passando per il passo di Basagrana o Biordo.
La Riserva Integrale, il Pedum, il Mottac, la Cima Sasso, la Scala di Ragozzale, il Ponte di Velina, l’Arca, nomi famosi che richiedono rispetto e in alcuni casi anche un po’ di timore.
Avventurarsi in tutta sicurezza con una guida esperta è il modo migliore per visitare il parco e goderne tutta la sua bellezza